Intervista a Lucia Zanotti Kissing

Oui, je suis Aimée
Intervista tratta da Cherie Sposa n. 107 del direttore responsabile Laura Orsenigo

È LA STILISTA, L’IMPRENDITRICE, L’ANIMA DI ATELIER AIMÉE MONTENAPOLEONE. È LEI A CURARE OGNI DETTAGLIO DEI MIGLIAIA DI ABITI PRODOTTI OGNI ANNO PERCHÉ... “NON ESCE PIEGA CHE IO NON VOGLIA!” di Laura Orsenigo


Aimée significa amata, un aggettivo che ben si sposa (gioco di parole inevitabile!) con ogni donna che si prepara al matrimonio, ma anche con ogni creazione che viene preparata per essere indossata quel giorno. Soprattutto se esce dalle mani di una vera innamorata della moda e della sposa come Lucia Zanotti. Stilista e imprenditrice, 30 anni passati nella moda, da 25 è alla guida, insieme al marito Matthias Kissing, di Aimée, azienda storica di Castiglione delle Stiviere diventata sinonimo di stile scenografico, romantico, da vere principesse. Tre le linee prodotte dalla Maison: Atelier Aimée Montenapoleone, Emé di Emé e Prêt à Porter. Tutte, come abbiamo potuto constatare di persona, totalmente prodotte internamente all’azienda in un ciclo produttivo preciso come un orologio svizzero a cui lavorano 150 dipendenti, a prima vista, tutte donne.“Effettivamente gli unici uomini presenti in azienda sono il magazziniere, l’autista, il responsabile dell’immagine, un ingegnere e mio marito – ci conferma sorridendo Lucia Zanotti. “È il regno delle donne qui! E devo dire che tutte sono innamorate del lavoro che fanno. È una cosa commovente vederle pronte e sorridenti alle 8 del mattino alla loro macchina da cucire lasciando fuori dall’azienda tutti i loro problemi. È come se si sentissero, ci sentissimo, tutte in un mondo a parte, un mondo di sogno”.


Forse perché ci si sente coinvolti nel realizzare un sogno, il sogno di una sposa...
Certo, poi perché l’abito da sposa fa parte dell’immaginario di ogni donna, da quando è bambina. Per me è fondamentale che ogni dipendente veda l’abito finito, capisca a cosa concorre il suo lavoro. Per questo invitiamo sempre chi lavora qui alle sfilate, perché vogliamo che condividano la gioia di una nuova collezione.

Mentre parla Lucia Zanotti ci accompagna attraverso l’azienda: dalla sartoria, alla modellistica, all’ufficio stile. Ovunque si percepisce che è lei la padrona di casa, di quelle a cui non sfugge nulla, che sanno e decidono la posizione di ogni singolo oggetto…

Come definirebbe il suo ruolo in azienda?
Direi che l’azienda è… la seconda Lucia! È proprio parte di me, quasi una mia estensione. Seguo tutto, dallo stile fino alla realizzazione dell’abito. Direi che… non passa piega che io non voglia!
Quanti modelli nuovi proponete all'anno?
Trecento modelli.
Dove trova l’ispirazione?
Per me sono dei quadri, sono pezzi di me, sogni. Mi appaiono, davvero, come delle visioni. Tutto parte dal tessuto. Sentendolo, sogno e immagino come potrebbe essere l’abito. E poi i film, le mostre, le opere d’arte mi ispirano e mi regalano spunti creativi. Oggi ho in mente Michelangelo, la Cappella Sistina, il tripudio di sfumature, di colori.
Mi sembra che anche lei inpassato sia stata una pittrice…
Sì, è sempre stata la mia passione, anche se ora non riesco ad applicarmi, per mancanza di tempo. Adoro disegnare cieli.
Non ha mai pensato di dipingere i suoi abiti?
L’idea mi stuzzica, ci ho pensato. Immagino un abito delicatamente azzurro, con nuvole leggere, sfumate… Potrebbe essere.
Adora creare, cosa invece proprio non le piace?
Odio le cose brutte. Mi fanno proprio stare male, quasi fisicamente. Non tollero che con la nostra enorme eredità artistica si producano oggetti o abiti senza gusto, senza rispetto per il bello. Con la storia che abbiamo alle spalle dovremmo fare solo cose eccezionali.
Anche nella vita privata si circonda di cose belle?
La mia vita in realtà è molto semplice. Io entro qui e mi dimentico del mondo. Vengo travolta dalla creatività. Per me una piega, un drappeggio, una ruche, vanno studiati, provati, aggiustati finché non sono perfetti.
Cosa intende per perfezione in un abito?
Per me un abito deve essere prima di tutto ben proporzionato. Deve vestire bene, deve esaltare la bellezza della donna: la vita sottile, il seno formoso, il fianco che sparisce. Ogni cosa è continuamente corretta fino alla fine. Sono capace di passare al controllo qualità e di correggere ancora una piega di abiti che ho realizzato anni prima.

Perché è così da Aimée. Ogni abito che esce da qui diretto all’utente finale è praticamente un pezzo unico. Questo perché la sposa può chiedere qualsiasi modifica sul vestito che prova in atelier, modifiche che vengono realizzate in azienda. Ciò che succede, dunque, è che l’azienda produce un quantitativo di campioni in un’unica taglia da mandare agli atelier e poi si vede arrivare ordini tutti diversi, specifici per ciascun cliente. Quindi, alla fine, ogni sposa, ha veramente il suo abito su misura.

Ma quanto tempo serve per realizzare un abito su misura?
Difficile quantificare. È davvero un grosso lavoro, bisogna essere ben organizzati per gestire la complessità degli ordini.
Come è cambiata la moda sposa nei 25 anni di attività di Atelier Aimée?
Direi che ci sono elementi che compongono l’abito da sposa intramontabili, sempre validi: il punto vita stretto, la gonna ampia, lo scollo, il velo. Solo le maniche sono cambiate, e i volumi, che si sono ridotti. Non è cambiata la sposa; è sempre una donna innamorata che vuole stupire, che vuole essere al meglio di sé. Soprattutto è sempre una donna sognatrice, che ha in mente sin da bambina l’abito dei desideri. Per questo la moda nella sposa è un concetto relativo... Secondo me una donna che ha sempre sognato un certo tipo di abito anche se si sposa dopo dieci o venti anni comprerà quell’abito… Così è successo a me.
Ci racconta qualcosa del suo abito da sposa?
Da ragazzina avevo visto una tunica avorio con il turbante e me ne ero innamorata. Pensai: quando mi sposo sarò vestita così. Mi sono sposata anni dopo, il 26 dicembre del 1978, e mio marito non voleva l’abito da sposa, non avevamo ancora l’azienda Aimée. Allora è stato un colpo di fulmine con un abito di Basile: avorio, a tunica, con uno spacco alto, abbinato a pantaloni di raso di seta marroni, una fascia di seta in vita, una volpe bianca al collo e delle orchidee marroni come accessorio. Beh, una tunica che richiamava fortemente la linea dell’abito che avevo sognato da bambina...
Certo se mi dovessi sposare adesso sarebbe tutto diverso. Oggi amo tutti i modelli che faccio, per me sono tutte opere d’arte, ci lavoro per mesi, li studio, li provo, li correggo e li risistemo finché non trovo che siano perfetti, quindi certamente mi sposerei con uno dei miei!!
Quale linea vi dà più soddisfazione in termini di vendite?
Decisamente l’Atelier Aimée, ma anche l’Emé di Emé. Le spose minimali rappresentano solo un 10% delle spose.
Voi non avete in mente qualche licenza con griffe della moda?
L’abbiamo fatto in passato. Abbiamo prodotto una linea per Lancetti e una per Versace, ma abbiamo già tanto lavoro. C’è poco spazio per altro.
Se dovesse immaginare la sposa di uno stilista, di chi le piacerebbe realizzarla?
Mi piacerebbe creare le spose di Giorgio Armani. È uno stilista che adoro, mi riconosco nel suo stile e anche nel suo essere accentratore, fedele a se stesso.


Siete una delle pochissime aziende sposa italiane che ha adottato il sistema franchising. Perché?
Perché non sopporto la concorrenza (sorride). Sento il bisogno di avere negozi nostri con la nostra immagine, nella nostra cornice. Credo che lo stile Aimée debba avvolgere la sposa, coinvolgerla in una esperienza. Mi piace molto il concetto "teatrale" dei nostri negozi: le tende come sipari, la passerella come un palcoscenico… E poi quando vado in una città e vedo un mio negozio mi piace, mi sento a casa.
Ad oggi ne avete 40. Avete intenzione di aprirne altri?
Vorrei che in tutte le città ci fosse un negozio Atelier Aimée, uno Prêt à Porter e uno Emé di Emé! Perché sono le mie tre personalità. E sono tre spose diverse.
Quale azienda concorrente la spaventa di più?
In passato ci siamo preoccupati quando abbiamo visto molte aziende concorrenti de localizzare all’estero, soprattutto in Cina, le loro produzioni, divenendo così più competitive dal punto di vista dei prezzi; in questi ultimi anni ho visto però una risposta molto positiva alla nostra scelta di prediligere la qualità delle lavorazioni artigianali italiane e delle stoffe di maggior pregio. La maggior parte delle future spose si accorge della differenza tra un nostro abito da sposa e un capo prodotto all'estero e per il proprio giorno più importante non vuole accettare compromessi.Il nostro prodotto è fatto interamente in Italia, direttamente all’interno dell’azienda. Sono fiera di dire che in 25 anni siamo riusciti a diventare leader in Italia, distaccando notevolmente i nostri competitor. E siamo leader portando alta la bandiera del Made in Italy.







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La nascita di un abito da sposa è un vero cammino. E, come ogni cammino di valore, nasce da un’idea. E da un’azienda. Dove lavorano quasi solo donne. La “prima” si chiama Lucia Zanotti ed è l’anima creativa di Atelier Aimée Montenapoleone. Siamo andati a vedere il viaggio che segue l’abito dei propri sogni, e ci siamo trovati davanti a un percorso complicato, a tratti apparentemente confuso, ma vivo, vero, e pulsante. La prima fase è l’idea che può nascere da qualsiasi cosa, sfogliando una rivista, dalla natura….altre arrivano dai tessuti della stagione. Lucia inizia poi a consultarsi con le responsabili di ogni linea, Laura per Emé di Emé, Agnese per Atelier Aimée, Raffaella per Prêt à Porter….ed è incredibile come ogni linea le rispecchi.
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